Sì, viaggiare

Mi ritrovo a scrivere quando fuori è già buio da un pezzo e questo mi fa capire che dev’essere tardi, il sole tarda a lasciare il proprio posto alla luna in queste prime, calde, uggiose giornate di Giugno.
Dita sulla tastiera e occhi che si posano tutt’intorno: il caos di scontrini, biglietti di parcheggi, souvenir e istantanee del mio ultimo viaggio la fa da padrone e la vista si distrae, la mente viaggia e il cuore salta un battito al pensiero.
Sì viaggiare. Evitando le buche più dure…

Amo il fatto che, quando parti, sai come sei ma non sai ancora come sarai.
Prendi e vai, due cose stipate in una borsa uniche testimoni della tua essenza pre-viaggio.
Si parte, si vedono posti, si tocca con mano una realtà sconosciuta et voilà, si cambia.
Si cambia così impercettibilmente che nemmeno ci soffermiamo a pensarlo, è una cosa naturale tanto che se dovessi dire il quando risponderei con un boh.
Eppure si torna in camera, doccia, si apre la valigia e non c’è niente che mi va a genio.
Vi capita mai? Di trovarvi in un posto e i vestiti vi vanno stretti e non intendo nel senso della zip che non si chiude.
Improvvisamente quei vestiti non sembrano nemmeno miei, li metto e non li sento confortevoli, agguanto quel dress nero tanto desiderato (prima) e penso con rammarico che sarebbe stato meglio non staccare l’etichetta.
Spesso quando viaggio mi capita di comprare un capo-icona e di metterlo, ancora e ancora: ad esempio, la felpa di San Francisco vista qui.
Ho provato a spiegarmelo, davvero: dare un senso a quella che può sembrare una manifestazione infantile da ragazzina viziata.
Mentre sono in viaggio il bombardamento di posti, persone, esperienze, gusti, sapori, aromi, odori è troppo per essere razionalizzato, sono catturata e inebriata e stordita e tutto ciò di cui necessito è una coperta di Linus che mi dia la sicurezza per camminare in quelle strade ignote con la giusta predisposizione all’assorbire tutto, non c’è tempo per la vecchia me.

Ecco, questo è il momento in cui si cambia: il momento in cui il nuovo si insinua e, proprio come una felpa che si aggiunge al mucchio di stoffa contenuto nella valigia, si mescola al vecchio.
Il bagaglio culturale pregresso fa un passo indietro e accoglie tutto quello che di nuovo apprendiamo, lasciando il posto in prima fila alla novità.

Poi c’è quel momento in cui scendo dall’aereo, valco la soglia di casa e apro la valigia che come un vaso di Pandora schiude davanti ai miei occhi ciò che mi sono portata via, ciò che ho rubato a quei posti lontani.
La mappa sguacita, i souvenir, la gonna pantalone spiegazzata: tutto adesso racconta di me, tutto mi appartiene di nuovo.
Sono tornata, sono la stessa e non lo sono più: una versione migliorata, l’esperienza nuova si è integrata in me e sono pronta per nuove destinazioni.
E solo adesso capisco che ci vuole così poco: zero pensieri, mente sgombra, cuore a mille, tutti i sensi allertati e pronti a catturare ogni emozione, ogni vibrazione.

E penso a quella sera, la spiaggia, lanterne e palloncini lanciati in aria, liberi di seguire la loro vera natura.
E cerco siti dove comprarli: decine e decine di palloncini bianchi  da lasciar andare per imparare a lasciarmi andare io con loro.

On the road, again. Direzione Expo Riva Schuh, Lago di Garda.

 

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